Nasce la città
La vera storia di Livorno inizia negli ultimi decenni del Cinquecento, in virtù della politica espansionistica dei granduchi di Toscana. L’antico porto pisano era insabbiato e il castello di Livorno con la sua ampia possibilità di approdo nel giro di pochi lustri diventerà il fruttuoso e razionale scalo granducale sul Mediterraneo.
I lavori di costruzione del porto e della città durano per decenni, ma gli abitanti sono pochi (appena 530 nel 1591); il granduca Ferdinando I trova la soluzione per popolare la sua bella e amata città. Promulga le Leggi livornine (1591-93) che permettono a chi abiterà a Livorno privilegi fiscali, libertà di culto e protezione dall’Inquisizione. “A tutti voi, mercanti di qualsivoglia nazione, Levantini, Ponentini, Spagnoli, Portoghesi, Greci, Tedeschi, Italiani, Ebrei, Turchi, Mori, Armeni, Persiani ed altri ... concediamo ... reale, libero e amplissimo salvacondotto e libera facoltà e licenza che possiate venire, stare, trafficare, passare e abitare con le famiglie...”.
Agli autoctoni si aggiunge un gran numero di ebrei sefarditi già perseguitati in Spagna e Portogallo, oltre ad armeni, inglesi, olandesi, greci. Nel 1609 Livorno conterà 5.000 anime (venti anni dopo, nel 1629, saranno 14.000). Questi popoli col bagaglio dei loro usi s’insediano nell’ospitale città, dove aprono attività artigianali e conducono i loro traffici mercantili, fianco a fianco, in una concordia conquistata lentamente, ma senz’altro facilitata dalla prosperità dispensata dalle agevolazioni granducali. Nel 1676 la città è dichiarata “porto franco”, ma con il “benefizio libero” già da un secolo i dazi in entrata e in uscita non erano pagati. Questa serie di privilegi determina uno sviluppo vertiginoso ed esponenziale della città, che subirà il suo arresto quando, poco dopo l’Unità d’Italia (1861), la concessione del porto franco sarà abolita su tutto il territorio nazionale; allora, molti commercianti se ne andranno da Livorno.